Visitare Pompei e gli scavi archeologici è un’esperienza che regala emozioni uniche. Passeggiando fra le stanze e i resti degli edifici, un particolare colpisce lo spettatore, un filo conduttore che è presente in quasi tutte le opere rinvenute: il rosso pompeiano.
Studi recenti hanno rivelato che questo meraviglioso colore, che ha reso celebri nel mondo le pareti delle stanze di Pompei ed Ercolano, sarebbe in realtà una trasformazione del colore originario degli affreschi dovuta all’intenso calore e alle emissioni di gas sprigionate durante l’eruzione del 79.
In origine, gran parte del colore che caratterizza oggi gli edifici di Ercolano e di Pompei, era infatti di un colore giallo ocra di origine naturale, composto da ossido di ferro.
In alcune opere è lo stesso Plinio a raccontarci come, “arrostendo” il giallo ocra, si può ottenere un bellissimo rosso intenso. Questo procedimento ne cambia perennemente il colore stabilizzandolo nel tempo.
Queste tecniche di alterazione cromatica erano molto note agli antichi romani e il fatto ha portato gli studiosi a pensare che, molto probabilmente, alcune pareti tra le ville di Pompei erano già rosse mentre altre lo sono diventate dopo l’eruzione.
Nell’antica Roma il rosso pompeiano veniva chiamato Sinopsis da Sinope, antica città turca dove apparve per la prima volta questo pigmento. Inizialmente gli abitanti di Pompei lo preparavano con gli scarti di lavorazione del cinabro. L’elevato costo di produzione e l’alta tossicità, data dalla presenza di mercurio nel pigmento, ne limitava l’utilizzo ai casi di estrema necessità. La pericolosità del cinabro era nota fin dall’antichità. Schiavi e prigionieri venivano mandati a lavorare nelle miniere di cinabro in Spagna e consapevolmente condannati a morte per il contatto prolungato con questo minerale tossico.
La scelta dei colori non era soltanto estetica ma anche funzionale. Per le stanze comuni veniva scelto il giallo ocra, mentre il rosso veniva riservato esclusivamente agli ambienti più lussuosi.
Nella Villa dei Misteri troviamo gli affreschi di alcune scene enigmatiche che rappresentano l’iniziazione di una giovane donna ai riti dionisiaci, oppure le fasi di preparazione di una sposa. Il mistero e l’eros delle scene rappresentate nella Sala del Triclinio trovano l’esaltazione proprio nel rosso pompeiano.
Fra gli affascinanti scavi di Pompei troviamo il famosissimo Lupanare. Questo “bordello” è stato ritrovato quasi intatto, si unisce a moltissimi altri presenti nella città e ci racconta la vita in un’epoca lontana.
Pompei era una città commerciale, attiva e vivace, attrezzata per accogliere numerosi forestieri. Tra i tanti luoghi d’interesse della città era possibile trovare la Palestra e il Teatro, ma vi erano anche numerosi luoghi di ristoro e di alloggio.
Tra gli scavi di Pompei sono stati riconosciuti diversi bordelli dislocati in varie parti della città. Alcuni di questi erano molto modesti e posti nei piani alti delle “cauponae” (gli alloggi). Altri invece erano appositamente costruiti e organizzati per questo tipo di attività, i cosiddetti “Lupanare”. Non esistono resti conservati di Lupanare, ma i diversi ritrovamenti di cartelli con la lista di servizi e tariffe per i clienti dei bordelli fanno pensare che a Pompei ne esistessero addirittura 25.
Un numero decisamente elevato, considerando che, da una stima approssimativa, gli abitanti di Pompei fossero tra gli 8 e i 10mila.
Per riuscire a visitare tutta l’area archeologica di Pompei occorrerebbero più giornate. Data la vastità del luogo e il numero considerevole di siti da visitare è consigliabile un breve soggiorno in uno degli Hotel sugli scavi archeologici in modo da raggiungere agevolmente i vari luoghi.
L’Hotel del Sole è situato di fronte all’ingresso principale degli Scavi di Pompei (ingresso Anfiteatro), nel centro cittadino e a 200 metri dal Santuario della Beata Vergine del SS. Rosario. La vista panoramica sugli Scavi che si gode dal terrazzo delle camere o dalla Sala Ristorante vi farà vivere la sensazione di essere immersi nella storia.
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